Lo spinoso tema dell’abbinamento cibo vino trova un ulteriore approccio in quella che viene definita Scuola Inglese. Se le omologhe italiana e francese utilizzano approcci articolati e complessi, e offrono ora molteplici spunti, ora regole molto severe e per certi versi limitanti, il metodo inglese è infinitamente più libero. Può sembrare paradossale, ma è proprio l’assoluta libertà a renderlo rischioso.
Ecco che cosa stabilisce la Scuola Inglese in merito agli abbinamenti tra cibo e vino.
Abbinare cibo e vino
La Scuola Inglese
Cyril Ray, noto giornalista e scrittore inglese sempre attento al mondo dell’enogastronomia, scrisse nel 1975 Wine with Food. In questo saggio, realizzato a quattro mani con la moglie Elizabeth, viene in qualche modo sintetizzato il pensiero che guida la Scuola Inglese:
“Ciascuno di noi deve lasciarsi guidare dal proprio gusto personale e dalle proprie preferenze, senza seguire alcuna regola prestabilita o alcun principio unificatore (…) Ogni scelta è qualcosa di puramente soggettivo”.
Perfettamente enunciato in questo passaggio, il mantra della Scuola Inglese è che non esistono, né dovrebbero esistere schematismi o rigidi dogmi nell’immaginare un abbinamento tra vino e cibo. Soltanto il gusto e l’esperienza dell’appassionato dovrebbero guidare la scelta. Se si dovesse sintetizzare questo metodo con una sola parola, questa sarebbe libertà.
Sicuramente meno rigida della Francese, e meno articolata di quella italiana, la Scuola Inglese rimanda alla competenza di chi sceglie i vini la riuscita (o il fallimento) degli accostamenti proposti. Sì, perché non fornire principi di massima libera il campo a qualsiasi wine pairing. Che si stappi un Soave con un brasato, o un rosé delicato con un vigoroso piatto di tradizione locale (ad esempio la zuppa di legumi e cicoria abruzzese), non fa differenza sulla carta: ma può farla, e in modo significativo, quando si passa dalla carta al bicchiere.
Roger Scruton, la filosofia nel vino
Un altro importante autore britannico, Roger Scruton, scherza con il celebre motto di Cartesio (“Penso, dunque sono”) per affermare l’assoluta centralità del vino nella quotidianità del nostro mondo. Nel suo trattato I drink, therefore I am (Bevo, dunque sono) analizza usi e costumi del vino in Inghilterra e nel mondo: si cruccia in particolar modo del fatto che gli inglesi (e non solo loro) dedichino poco tempo alla scoperta del vino, unico metodo infallibile per imparare a conoscerlo e ad apprezzarne la mutevole essenza.
Perché se è vero che un buon abbinamento non può non prescindere dalla conoscenza del vino, è altrettanto vero che affidarsi a un sistema rigido di accostamento può indurre a perdere la magia di certi wine pairing, che magari richiederebbero soltanto un pizzico di coraggio e un pizzico di preparazione in più per essere immaginati.
Che cos’è dunque la Scuola Inglese? Un metodo per creare accostamenti unici, e una scusa per dedicarsi anima e corpo alla scoperta delle caratteristiche più espressive e stimolanti del nostro amato Nettare di Bacco!