La cucina contadina si basava su alimenti semplici, nutrienti e poveri. In tavola non mancavano mai il pane, cucinato in casa con farine di cereali poco nobili, acqua e sale, e frutta e verdura, prevalentemente coltivate negli orti. Altro importante protagonista era il vino, spesso servito all'interno di brocche e versato direttamente da fiaschi e botti. Soltanto una piccola parte della produzione finiva in bottiglia, e veniva consumata in occasione di feste o momenti importanti.
Il vino in tavola: da alimento a momento di evasione
Il termine vino deriva dalla parola vena, che in sanscrito significa amare. La nostra passione affonda le proprie radici in un epoca lontana, ed è proprio in quella parola, vena, che è spiegato il sentimento che proviamo per il nettare di Bacco!
Il vino è stato per molto tempo un compagno quotidiano in famiglia: prima di tutto per le proprietà toniche e nutritive, poi per via dell’effetto energizzante e per i benefici effetti sull’umore. Il lavoro in campagna era duro, e il vino garantiva una piccola spinta per affrontarlo al meglio. Un’ulteriore caratteristica del vino è di possedere virtù antisettiche e disinfettanti: un modo per evitare il proliferare di infezioni, una buonissima cura!
Quali altri alimenti trovavano posto nelle cucine più comuni e povere? Legumi, verdure, carne e frutta.
I legumi erano consumati prevalentemente essiccati, come ingrediente per zuppe e minestre. Le verdure dell’orto più diffuse (carote, patate, porri e cipolle) rappresentavano una parte importante del pasto, sia in termini di quantità, sia in termini di apporto nutritivo. La carne è stata fino almeno a metà del ‘900 un alimento di lusso: le famiglie contadine più abbienti potevano allevare un maiale durante l’anno e macellarlo a dicembre; una buona quantità di carne veniva consumata subito, mentre il resto poteva essere lavorato e trattato per ottenere insaccati da mangiare nel corso dei mesi successivi. Altri animali allevati in fattoria per scopi alimentari potevano essere conigli e galline: i primi espressamente per le carni, mentre le seconde per le uova. Queste ultime non erano però consumate spesso, in quanto vendute o scambiate con prodotti non presenti in casa. Mucche, pecore e capre erano un’importante risorsa: per latte e lana, soprattutto.
In questo scenario alimentare costituito da piatti semplici e frugali, il vino aveva un ruolo chiave. Che il vino appartenga alla nostra tradizione quotidiana lo dicono chiaramente i numeri: il consumo procapite nel periodo 1861 – 1975 era pari a 100 litri circa l’anno. Una cifra davvero significativa, specialmente se paragonata all’andamento dei consumi nei quarant’anni che seguono: nel 2015 in Italia si attesta intorno ai 30 litri l’anno.
Che cosa è cambiato? Tutto! Il mondo è andato incontro a una industrializzazione globale, il vino ha perso il ruolo di alimento diventando un elemento di svago, protagonista di momenti di relax e di festa. A un consumo massivo, spinto da necessità nutritive, si è passati a un consumo consapevole, passando dalla necessità di bere al piacere di degustare.
Non sono cambiate soltanto le caratteristiche di consumo, ma anche (e soprattutto) quelle qualitative. Il vino di un tempo non era certo buono; oggi si punta moltissimo a ottenere prodotti che abbiamo un sapore equilibrato, armonico, rispettoso delle caratteristiche proprie dell’uva. Il tempo da dedicare alla vinificazione è aumentato, si sono specializzati i mestieri del vino e il risultato è una grandissima qualità declinata in centinaia di diverse etichette. Si sono riscoperti classici vini del passato, alcuni hanno guadagnato le luci della ribalta pur mantenendo caratteristiche antiche, altri sono nati da sapienti blend di varietali diversi, altri ancora sono una scoperta per i sensi. Insomma, il viaggio del vino, iniziato quasi 7.000 anni fa in Egitto, è tutt’altro che finito: da alimento principe della dieta contadina a gemma preziosa da condividere con gli amici!
Photo credits: robertofaccenda.it via Visual Hunt / CC BY-SA , irinaraquel via VisualHunt / CC BY