In Italia la vite è coltivata fin dal secondo millennio a.C. In tutti questi secoli, il suo patrimonio vinicolo ha subito grandi cambiamenti, dall’introduzione dei cosiddetti “vitigni internazionali” alla riscoperta e valorizzazione di quelli autoctoni. Trasformazioni sono avvenute e sono ancora in corso anche nel resto del mondo, dove la crescente specializzazione e la maggiore attenzione alle tematiche della sostenibilità richiedono un continuo adattamento della produzione.
Ma quali sono i vitigni più diffusi al mondo? E in Italia? Per rispondere a queste domande, facciamo un passo indietro…
Tipologie di vitigno: quante sono?
Se pensavi che l’unico modo per distinguere un vitigno fosse il colore delle sue uve, allora sarai sorpreso di scoprire che esiste anche un’altra classificazione, basata sulla territorialità e sull’origine storica. Infatti, i vitigni possono essere:
- autoctoni, quelli cioè che hanno un forte legame storico con il territorio in cui vengono coltivati. Hanno caratteristiche fortemente peculiari, che li rendono di fatto “unici”. In altre parole, un tipo di uva originaria di una zona specifica dove vi cresce da sempre, e solo lì riesce a dare il meglio di sé. Sono un esempio l’Arneis in Piemonte, l’Aglianico in Campania e Basilicata o l’Inzolia in Sicilia.
- locali, ovvero quelli diffusi in un’area più ampia rispetto agli autoctoni, ma pur sempre limitata. Possono essere coltivati con buoni risultati anche in zone diverse da quella originaria.
- nazionali, cioè vitigni che sono diffusi in gran parte del Paese, talvolta in quasi tutto il territorio nazionale, come ad esempio il Sangiovese o il Trebbiano in Italia.
- internazionali, quelli originari di paesi esteri che, nel corso degli anni, sono stati trapiantati anche in Italia, diventando parte del nostro patrimonio enologico. Sono perlopiù di origine francese, come il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Sauvignon Blanc. Si adattano facilmente a diversi climi e condizioni ambientali, per questo li troviamo un po’ ovunque.
I vitigni più diffusi al mondo
Al mondo esistono circa 6000 varietà di vitigni, molte delle quali sono coltivate in Italia. Ma il primato per il vitigno più diffuso non spetta a uno italiano, bensì all’internazionale Cabernet Sauvignon. Originario del sud-ovest della Francia, più precisamente della zona di Bordeaux, dà vita a vini di grande struttura e carattere, con un buon potenziale in termini di invecchiamento. Spesso lo troviamo in assemblaggio con Merlot e talvolta anche con Cabernet Franc, nel cosiddetto “taglio bordolese”. Ed è proprio il Merlot il secondo vitigno più coltivato al mondo. Caratterizzato da una maturazione precoce, è capace di crescere ed esprimersi molto bene anche in aree dove la temperatura può essere un fattore limitante. Segue poi l’Airén, vitigno a bacca bianca originario della Spagna, nonché il principale componente del Brandy, insieme allo spagnolo (rosso) Tempranillo. Considerato per molto tempo un vino rustico e non di grande interesse, il Tempranillo ha visto negli ultimi decenni un aumento del consenso anche nel Nuovo Mondo, soprattutto in Australia, California e Argentina.
E che dire dello Chardonnay? Questo vitigno originario della Francia occupa il quinto posto. Ampiamente usato per la produzione di Champagne e, in Italia, di spumanti Metodo Classico, si caratterizza per una gradazione alcolica e un’acidità piuttosto elevate. I sentori sono quelli della mela e della banana, ma può evolvere verso aromi e sensazioni più grasse e complesse se sottoposto a affinamento in legno.
E in Italia?
Prima dell’arrivo della fillossera, un vero e proprio flagello per viticoltura europea di fine Ottocento, in Italia c’erano migliaia di vitigni diversi, ognuno con specifiche caratteristiche. Da quel momento, il patrimonio viticolo del continente è stato fortemente ridimensionato, per subire poi la tendenza opposta intorno agli anni del post-guerra: impiantare vitigni molto produttivi, a scapito della qualità. È solo negli ultimi 30 anni circa, grazie anche al passaggio a una viticoltura più specializzata, che si è tornati a prediligere vitigni di qualità più pregiata, anche a costo di ridurre i volumi di produzione. Ecco dunque che anche in Italia sono arrivati i vitigni internazionali, in gran parte già presenti nei vigneti italiani prima della fillossera. In generale, il numero dei vitigni in Italia rimane tuttora molto alto. Anzi, il nostro Paese è quello con il maggior numero di vitigni autoctoni al mondo!
Ma quali sono i vitigni più diffusi in Italia? Al primo posto troviamo il Sangiovese, principe tra i vitigni a bacca nera della Toscana, nonché il più diffuso vitigno autoctono rosso d'Italia. Si tratta di un vitigno capace di dare espressioni molto diverse tra loro, a seconda del clima e dell’altitudine a cui viene coltivato. In generale, presenta aromi di ciliegia, prugna e viola molto intensi, un tannino marcato e un buon tenore alcolico. Per questo, i vini ottenuti da Sangiovese, quali il Chianti, il Brunello di Montalcino e il Morellino di Scansano, si prestano bene all’invecchiamento.
Segue il Montepulciano, anche questo coltivato principalmente nel Centro Italia. Da questo vitigno si ottengono vini strutturati, intensi, dalla grande complessità aromatica e bella alcolicità. Dà ottimi risultati quando vinificato in purezza, ma non disdegna la compagnia del Sangiovese per creare blend di grande carattere.
Il terzo gradino del podio è occupato dal Glera, cui uve vengono principalmente utilizzate per le produzione di Prosecco. La produzione si concentra dunque in Veneto, patria di questo spumante Metodo Martinotti apprezzato in tutto il mondo e alleato impareggiabile per l’aperitivo.
Tra gli altri vitigni più diffusi in Italia troviamo poi gli internazionali Pinot Grigio e Merlot. Il primo, a bacca bianca, è originario della Borgogna, dove vi è tuttora il maggior numero di ettari vitati. Qui nel Belpaese si è diffuso soprattutto in Friuli, Lombardia, Veneto e Alto Adige. Il Merlot, anch’esso di origine francese, ha trovato casa un po’ ovunque, dalle regioni del Nord Italia fino alla Toscana. È capace di dare vita sia a vini strutturati, soprattutto quando è prevista una maturazione in barriques, ma anche giovani e beverini.