Whisky: tipologie, differenze e guida alla degustazione

Dall’antica India ai giorni nostri, un distillato complesso e sfaccettato che ha scritto la storia degli spirits

Whisky: tipologie, differenze e guida alla degustazione

Data Pubblicazione: 20/11/2024

C’è chi lo considera solo un drink, da gustare con o senza ghiaccio, da solo o in accompagnamento a qualcosa di buono. Ma il whisky è certamente molto più di questo, una vera e propria star tra gli spirits, un piacere che ha conquistato il settore della distillazione e ha viaggiato in lungo e in largo attorno al mondo, assumendo di volta in volta aspetti diversi, tutti da scoprire.

Ecco una guida sulla nascita del whisky, sulle sue tipologie e il modo in cui va degustato!

 

C’era una volta in Scozia: breve storia del whisky

 

Prima di esplorare la vera e propria nascita del whisky è utile compiere un piccolo passo indietro, all’India del 7000 a.C., dove tramite l’ebollizione dei liquidi era possibile ottenere dei disinfettanti per uso medico. Furono gli alchimisti arabi, nel VIII-IX secolo, a perfezionare la distillazione dell’acqua vitae (un elisir medicamentoso a base alcolica), rendendo la distillazione un’arte più consapevole, anche grazie all’invenzione dell’alambicco. Il merito dei Romani fu invece quello di estendere la pratica ad altri ingredienti (come i cereali), creando di fatto i primi veri distillati a uso ricreativo.

Non è facile invece risalire al periodo in cui il whisky iniziò a fare la sua comparsa in Europa: alcuni ritengono che la sua distillazione prese piede grazie a San Patrizio (IV-V secolo), sottolineando così l’origine irlandese di questo prodotto, mentre documenti ufficiali - seppur molto più tardi - collocano la sua produzione nella Scozia del XV secolo, a opera di alcuni ordini monastici che lo distillarono a partire dall’orzo.

Sebbene la genesi incerta getti molta confusione sulle origini del whisky, il suo successivo sviluppo coinvolge queste nazioni in modo piuttosto paritario: nel XVII secolo in Irlanda aprirono le prime distillerie, mentre in Scozia le prime problematiche sociali dovuti al consumo e lo sfruttamento eccessivo  dei cereali portarono il governo a porre un freno alla produzione. Tra divieti e azioni di contrabbando, nuove opportunità si profilarono in America, dove nel XVIII secolo presero piede le principali varianti: Grain Whiskey (distillato di frumento) e Bourbon (distillato di mais).

Il XIX secolo fu un secolo d’oro per le distillerie in Scozia e Irlanda, in parte per le condizioni favorevoli create dalla Rivoluzione Industriale e per la nascita di nuovi strumenti di distillazione, e in parte per il calo della produzione di vino a causa della fillossera.

E sebbene le Guerre Mondiali e il Proibizionismo ostacolarono la produzione di whisky (e delle le sue varianti) nella prima metà del XX secolo, l’età moderna garantì una ripresa importante, che ancora oggi fa di questo prodotto il re dei distillati.

 

Un mondo di sfumature: tipologie di Whisky a confronto

 

differenze tra i vari tipi di whisky

 

Da quando hanno preso piede i primi alambicchi, l’arte della distillazione si è arricchita di numerose varianti. Senza entrare nel merito di vodka, rum e gin, il solo mondo del whisky ha accolto moltissime sfumature, dando vita anche a molte domande. Per esempio, qual è la differenza tra whisky e whiskey?

Per whisky si intende il distillato scozzese, ottenuto tramite doppia distillazione e l’essiccazione del malto all’interno di forni in cui viene bruciata la torba. Il fumo da essa prodotta conferisce al whisky un inconfondibile sentore affumicato e una carica organolettica più grezza e decisa. E questo risponde anche alla domanda - altrettanto tipica - su come si fa il whisky torbato, rappresentativo della Scozia, che grazie al grado di torrefazione è caratterizzato da un gusto affumicato e leggermente amaro. 
 

Chi invece volesse sapere che differenza c’è tra whisky e scotch è presto accontentato: quest’ultimo non è altro che un whisky invecchiato minimo 3 anni e che può essere prodotto solamente in Scozia, secondo gli accordi internazionali. A sua volta poi lo scotch può essere suddiviso in:
 

  • Single Malt: ottenuti esclusivamente da orzo maltato (anche diversi malti), di una singola distilleria.
     
  • Grain Whisky: prodotto da orzo maltato, con aggiunta di altri cereali, in una singola distilleria. Meno pregiati, vengono spesso utilizzati per creare dei Blended.
     
  • Blended Malt: ottenuto dalla miscela di diversi Single Malt, prodotti in varie distillerie. Hanno un sapore morbido, più accessibile.
     
  • Blended Scotch: in genere sono prodotti commerciali e di grande diffusione, creati a partire da Grain Whisky, con l’aggiunta di Single Malt, prodotti in varie distillerie.

 

Il whiskey invece è il distillato di cereali di produzione irlandese, realizzato da orzo non necessariamente maltato che viene sottoposto a tre distillazioni senza affumicatura, e dunque generalmente più delicato nelle note sensoriali. Considerato a livello popolare il miglior whisky irlandese è il Jameson Irish Whiskey Triple Distilled, invecchiato in botti di rovere per almeno 4 anni. Morbido e privo di asperità, questo prodotto è la scelta perfetta per chi vuole cimentarsi nella mixology o in una degustazione liscia di fine serata.

E invece qual è la differenza tra bourbon e whisky? In questo caso si ha a che fare con un prodotto americano invecchiato almeno 4 anni, che - oltre al malto d’orzo - coinvolge nella distillazione anche il mais. Se l’etichetta riporta la dicitura Straight Bourbon significa che il whisky è stato invecchiato 2 anni.

 

Oltre al bourbon, tra i whiskey americani si annoverano anche:

  • Rye Whiskey: sono prodotti con un’alta percentuale di segale (minimo 51%), che conferisce al prodotto dei sentori erbacei. L’invecchiamento previsto è di 4 anni.
     
  • Tennessee Whiskey: bourbon prodotti esclusivamente all’interno dello stato del Tennessee, in seguito a una filtrazione attraverso carboni d’acero. Questo processo conferisce al whiskey un tono più affumicato. Iconico è il Jack Daniel’s Tennessee Whiskey, realizzato con malti d’orzo, segale e mais accuratamente selezionati. L’invecchiamento in botti di rovere amplifica le note di vaniglia, caramello, frutta secca, caffè e liquirizia che lo contraddistinguono.
     
  • Moonshine: meno diffuso e di antica origine (veniva commerciato illegalmente durante il Proibizionismo), questo whisky prevede la distillazione del mais, senza invecchiamento.

 

Per completare il giro del mondo alla scoperta dei whisky più apprezzati è fondamentale citare infine anche il whisky giapponese, caratterizzato da peculiarità proprie che lo distinguono da qualunque altra produzione. È proprio nel paese del Sol Levante che nel 2014 è stato eletto il miglior whisky al mondo dalla World Whiskey Bible.
Questi distillati di cereali maltati sono realizzati con acqua di fonte purissima, che consente al whisky di mantenere dei profumi più delicati.

 

Come si beve un whisky?

 

Approcciarsi per la prima volta alla degustazione di un whisky - qualunque esso sia - non è facile, poiché è necessario prestare attenzione a ogni piccolo dettaglio per poter apprezzare al meglio le sfumature di questi prodotti.

Si inizia da una domanda apparentemente banale, ma fondamentale: come scegliere un buon whisky? Tenendo conto delle differenze illustrate nel precedente paragrafo, è importante valutare il grado di intensità che si vuole sperimentare: chi è alle prime armi e non vuole mettere i propri sensi in difficoltà, potrebbe non voler cercare il miglior whisky torbato in commercio. Può invece optare per un Jameson per un assaggio più morbido o per un bourbon per dei sentori più dolci.

Chi invece vuole sperimentare qualcosa di un po’ più particolare, può puntare su un Single Malt Scotch whisky per una carica organolettica più complessa o su un Rye, per farsi conquistare da toni più speziati. Esistono inoltre delle differenze in base all’invecchiamento, per cui un Ardbeg Islay Single Malt Scotch Whisky "Ten" Years Old, whisky torbato che presenta un carattere più immediato, seppur innegabilmente elegante, rispetto a un Aberfeldy Highland Single Malt Scotch Whisky 16 Years, più carico e suadente, con note dolci e piccanti amplificate dalla maturazione di 16 anni in botti di Bourbon e Sherry.

Non va trascurata inoltre la scelta del bicchiere da whisky: quello più adatto in genere presenta uno stelo basso e una forma panciuta, che permetta agli aromi del distillato di sprigionarsi al massimo. Deve inoltre essere trasparente e incolore, meglio ancora se sottile e capace di riflettere la luce, in modo da consentire un esame visivo adeguato. Ogni sfumatura cromatica del prodotto deve essere infatti ben riconoscibile.

Per smorzare un po’ l’alta gradazione alcolica alcuni consigliano del ghiaccio, ma il rischio di  annacquare o raffreddare troppo il prodotto è in agguato. Meglio piuttosto degustarlo con un sorso d'acqua fresca a parte, per aprire i sentori senza snaturarli.

Si inizia avvicinando il naso al calice e prendendo un respiro piccolo e rapido, per poi dedicare più tempo all’esame olfattivo. Con questi due impatti diversi è più facile individuare i sentori del whisky prima di passare all’assaggio, attraverso un piccolo sorso, da tenere al centro della lingua per qualche istante. Il secondo sorso va fatto circolare in bocca, mentre dai successivi è bene alternare qualche piccola boccata d’acqua.

 

 

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